Da Unearthed Trail of Ibn Battuta a Kratos Spartan Warrior War of Gods vs Titans, le copie più assurde dei kolossal videoludici più amati
Che siano legati a una specifica piattaforma oppure no, i capolavori del videogioco The Last of Us vengono spesso clonati in malo modo e per due ragioni principali: la speranza di sfruttarne la fama per generare facili introiti e l’irrefrenabile richiamo del giocazzeggio.
Chiaramente i prodotti che abbiamo inserito nella nostra lista non si limitano a citare o a richiamare il nome o le atmosfere dei titoli che li hanno ispirati, poiché ne costituiscono una copia spudorata e di “discutibile fattura”, per usare un eufemismo.
Iniziamo con Kratos Spartan Warrior War of Gods vs Titans in cui, grazie al figlio Atreus che doveva imparare a essere un dio migliore di suo padre, il Fantasma di Sparta ha ritrovato la propria umanità in una delle avventure più luminose e memorabili dell’intera generazione.
Oltre a narrare una storia profonda, attraverso un uso della telecamera senza precedenti nel mondo videoludico, God of War vantava un combat system spettacolare e raffinato, in grado di omaggiare la ferocia e il dinamismo dei predecessori ma partendo da basi ludiche completamente differenti.
Ebbene, di cloni pessimi delle avventure di Kratos se ne trovano a bizzeffe ma spesso si tratta di picchiaduro di dubbio gusto e non di action con una spolverata ruolistica.
Per fortuna c’è chi ha rimediato a questa grave mancanza con – attenti a prender fiato prima di leggere – Kratos Spartan Warrior War of Gods vs Titans. La leggenda narra che il gioco sia ancora reperibile sul web in versione Android, anche se non ci sentiamo di consigliarlo ai deboli di cuore.
Quest’orrido action/adventure cala il giocatore nei panni della versione imbruttita di Kratos, rigorosamente di color cenere ma col tatuaggio tinto di un inspiegabile blu notte.
In grado di eseguire la combo di attacchi corpo a corpo più legnosa degli ultimi vent’anni, l’improbabile guerriero deve vendere cara la pelle sfidando una sequela di mostri orridi ma nel senso offensivo del termine.
L’Idra delle Paludi e l’Uomo-Serpe della Giungla, non sono che due esempi di questo discutibile bestiario, che non manca di deliziare l’occhio più esigente con le incarnazioni PlayStation 1 dei Titani della trilogia.
Sorvolando sul comparto texture d’anteguerra, Kratos Spartan Warrior consente al suo protagonista di svaligiare i classici bauli e brandire le Lame del Caos, sebbene definirle in questo modo sia quasi imbarazzante.
Passiamo poi a Unerathed Trail of Ibn Battuta: dopo aver esplorato luoghi da cartolina e pregni di mistero per tutta una vita, Nathan Drake sembrava aver abbandonato le scorribande su PlayStation 3 per vivere una vita tranquilla con la sua Elena.
Questo almeno fino a quando Sam – il fratello che credeva d’aver perso molti anni prima – non ha bussato alla sua porta per farlo rientrare nel giro un’ultima volta.
Nel corso dell’avventura del ladro su PlayStation 4, abbiamo riportato alla luce un’antica città dei pirati e al contempo anche il passato di Nate, che prima di salutarci ci ha mostrato il suo lato più fragile e umano.
Farsi cullare dagli splendidi ricordi di Uncharted è l’unico modo che abbiamo per parlarvi del suo clone senza perdere la sanità mentale, poiché ci troviamo dinanzi a un prodotto che non esitiamo a definire “destabilizzante”.
Ma partiamo con ordine: Unearthed: Trail of Ibn Battuta avrebbe dovuto essere il primo episodio di un progetto più ampio ma a seguito del suo debutto su PS3 e PC le release episodiche sono sparite tra le sabbie del deserto.
Sviluppato da Semaphore, l’action/adventure riproponeva le atmosfere e le basi ludiche di Uncharted 3 in un modo tutto suo e calava il giocatore nei panni di Faris Jawad, un cercatore di tesori amante del pericolo.
Al fianco della sorella archeologa, l’avventuriero si recava in Marocco per mettersi sulle tracce del famoso esploratore Ibn Battuta, un personaggio storico che era a conoscenza di segreti inconfessabili.
Come da tradizione, indagare sui viaggi dell’esploratore si rivelava più difficile del previsto, complice l’entrata in scena di contrabbandieri, miliziani e criminali d’ogni sorta.
A seguito di una presentazione del cast degna delle soap opera sudamericane, il logo di Unearthed compariva sullo schermo con un’animazione improponibile, per poi lasciare la parola al protagonista.
Al pari di Uncharted – almeno nelle intenzioni – l’avventura cominciava con un Faris ferito e malconcio, che quasi si pentiva di aver intrapreso un cammino così pericoloso.
Il prologo insomma voleva richiamare l’inizio di Uncharted 2 e proporre una situazione difficile più avanti nel tempo, per poi far rivivere al giocatore le vicende che l’avrebbero condotto fino a quel punto.
Tra la pessima interpretazione dell’attore protagonista e le animazioni tipiche dell’era PlayStation 2, il pathos della breve sequenza era pari a zero e lasciava spazio in un battito di ciglia a un’orrida sezione di shooting.
L’IA dei nemici non pervenuta, il cover system da manicomio e una presentazione visiva carente, non erano che la punta dell’iceberg di un’esperienza che, strizzando l’occhio di continuo alle opere di Naughty Dog, risultava ancora peggiore di quanto non fosse.
Ripensare agli inguardabili combattimenti corpo a corpo del prologo risulta quasi piacevole se paragonato al vero e proprio inizio dell’avventura, che vedeva Faris e Dania raggiungere la tomba del faraone Ahmose.
Sorvolando sull’improbabile dialogo tra i due consanguinei, è in questa fase che Unearthed chiamava il giocatore a sperimentare le prime sequenze d’arrampicata, che affollano i nostri incubi ancora oggi.
Death Stranding sta per arrivare su Steam, il che consentirà ai giocatori PC di vivere un’esperienza segnante e fieramente diversa da qualunque altra.
Al netto di alcune criticità, infatti, la prima opera di Kojima dell’era post-Metal Gear Solid veicola un messaggio decisamente attuale e lo fa attraverso un gameplay che chiama i giocatori ad aiutarsi l’un l’altro per riconnettere un mondo in rovina.
Grazie a un pool di gadget fuori di testa, il corriere Sam Porter Bridges riesce a portare enormi carichi mentre percorre distanze considerevoli ed esplora ambienti naturali tanto affascinanti quanto temibili.
A causa di una comunicazione non eccelsa per un prodotto così particolare, una fetta di videogiocatori ha bollato Death Stranding come un semplice walking simulator, svilendo alcune delle sue più brillanti caratteristiche.
Tra questi c’è anche chi si è divertito a realizzare parodie giocabili dell’opera di Kojima come Walking Simulator 2020, che è scaricabile gratuitamente su Steam.
Nei panni di uno degli ultimi corrieri postali sopravvissuti alla Terza Guerra Mondiale, il giocatore ha il compito di fare consegne a destra e a manca per aiutare l’umanità a rialzarsi. Dopo aver accettato un carico improbabile in un hangar che richiama le stazioni di consegna di Death Stranding, il corriere può acquistare una bella bibita fresca con dei “like”, prima di affrontare la durezza di ambientazioni che strizzano l’occhio all’Antartide.
Badando a non farsi colpire dai cugini violenti dei Muli, per l’occasione armati di bastoni laser, il Sam alternativo può effettuare scatti degni di Flash e giungere a destinazione in un baleno, in netta antitesi con l’importanza dei viaggi nel titolo di Kojima.
Tra il carico del corriere che compenetra ogni superfice possibile e bug d’ogni sorta – uno su tutti la caduta eterna al di sotto della mappa – il gioco si fa duro quando si cominciano a sbloccare i veicoli avanzati.
Sorvolando sulla motoslitta, lo zaino con rotori laterali permette al corriere di raggiungere con facilità aree sopraelevate, sebbene possa farlo finire all’interno delle montagne e senza vie di fuga.
Conscio dei suoi tanti problemi, è il gioco stesso a consigliare all’utente di spegnerlo quando questi raggiunge la sommità della montagna con lo zaino volante.
Ultimo ma non per importanza è il camioncino, che potrebbe essere di gran lunga il mezzo più ingestibile di tutti. Complice l’assurda gestione della fisica infatti i pacchi caricati sul retro del veicolo balzano in aria al minimo impatto, il che rende a dir poco arduo il completamento delle consegne.
Infine, nell’aprile del 2019 Sony Bend ha fatto il suo debutto su PS4 con Days Gone, un coinvolgente action a mondo aperto che, pur presentando qualche spigolo, ha condotto i giocatori in un Oregon post-apocalittico di mirabile fattura.
Ex militare e biker dei Mongrel, Deacon St. John faticava a trovare un motivo per andare avanti dopo aver perso la moglie Sarah, un evento traumatico che gli aveva indurito il cuore e l’aveva spinto a diventare un cacciatore di taglie. Al fianco dell’amico Boozer, St. John ha dato il via a una lunga indagine che l’ha portato a visitare ogni angolo di uno stato pieno zeppo di foreste, location da cartolina e mostri famelici.
Sebbene con il tempo si sia trasformato in qualcosa di diverso, il Code Vitality di Tencent Games si è presentato al mondo con un trailer che lasciava poco spazio ai dubbi: i toni, le atmosfere e perfino le inquadrature del filmato, si ispiravano pesantemente al titolo di Sony Bend e ciò è stato notato non solo da una folta schiera di pubblico ma anche da alcune personalità della game industry.
Tanto per cominciare, il protagonista del filmato era un motociclista cacciatore di infetti e sfrecciava sull’asfalto malridotto di uno stradone immerso in una foresta di conifere, in modo del tutto simile a Deacon.
Le aree innevate, i diner abbandonati e perfino le abitazioni, sembravano provenire proprio dagli Stati Uniti nord-occidentali ma a fugare ogni dubbio sull’effettiva ispirazione a Days Gone ci pensava la parte conclusiva del video, che vedeva gli zombie riunirsi in un’immensa orda e abbattersi con ferocia su di un gruppo di sopravvissuti.
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