Il Parlamento europeo ha proposto di togliere il geo-blocking alle piattaforme di streaming: rivoluzione in arrivo per il calcio?
Le piattaforme di streaming possono separare i loro contenuti in diverse aree geografiche. Un utente italiano non può ad esempio accedere a Netflix francese, a meno che non si trovi appunto in Francia. Lo stesso accade per lo sport. I diritti di eventi anche europei in Italia sono proprietà di poche società e le offerte di chi ha i diritti di trasmissione in Francia non sono disponibili al pubblico italiano.
Le piattaforme di streaming limitano i contenuti che gli utenti possono vedere a seconda del luogo da cui questi accedono. Si tratta di un sistema ereditato dal passato, per cui un film o una serie TV può essere distribuita da diverse società in Paesi diversi. La distribuzione è il modo tramite cui il contenuto arriva al pubblico. Società diverse possono occuparsi di distribuzione al cinema, in televisione e appunto, sulle piattaforme di streaming.
Prima dello streaming online questa logica era ovvia. Sarebbe stato inutile acquistare un contenuto fatto per un altro Paese spesso in un’altra lingua. Ma con l’internazionalizzazione delle produzioni dovuta ai servizi di streaming, che offrono il doppiaggio dei propri contenuti in ogni lingua in tutto il mondo, questa norma inizia a sembrare una stortura. Perché una società come Netflix ha i diritti per trasmettere una serie TV in Inghilterra ma non in Italia, se quel contenuto è identico.
Questo ragionamento ha portato 376 parlamentari europei a votare a favore della rimozione del cosiddetto geo-blocking, la pratica che impedisce di vedere serie TV o film presenti in altri Paesi dell’UE con il proprio abbonamento. Questo costringerebbe di fatto le società a vendere un unico abbonamento “europeo”. La vendita dei diritti ne sarebbe stravolta, probabilmente perché per trasmettere una serie in Europa, una società dovrebbe acquistarne i diritti in tutti e 27 i Paesi dell’UE. Ma il vero problema di questa decisione non riguarda le Serie TV.
Anche lo sport è in streaming. Lo sanno bene gli appassionati di calcio che da anni ormai hanno a disposizione abbonamenti diversi da quelli satellitari per guardare le partite di campionato e Champions League. Se la norma approvata dal Parlamento europeo diventasse esecutiva, ogni cittadino in UE potrebbe guardare il proprio campionato con un qualsiasi abbonamento di un altro Paese. Oltre a poter dare vita a un mercato europeo dei diritti televisivi, questo potrebbe anche rivoluzionare l’intero mondo del calcio, fino a far crollare i profitti di uno degli sport più ricchi del mondo.
Ad oggi le squadre di calcio si sostengono finanziariamente in prevalenza con i diritti TV. Quelli della Serie A in Italia ad esempio, valgono 1 miliardo di euro circa ogni stagione, soldi che vengono distribuiti poi tra tutti i club. Senza geo-blocking però, un italiano potrebbe guardare la Serie A con un’offerta polacca o spagnola. Questo creerebbe concorrenza, un bene per l’utente che vedrebbe i prezzi abbassarsi radicalmente.
Le squadre però vedrebbero calare i propri profitti. I rischi sono incalcolabili. Potrebbero sopravvivere ad alti livelli soltanto le squadre con investitori ricchissimi o quelle che partecipano a tornei europei che sarebbero più adatti a sopravvivere con questo tipo di normative. Prevedere cosa accadrà è impossibile, ma al momento tutte le leghe nazionali di calcio sono fermamente opposte a questo cambiamento.
Lo stesso amministratore delegato della Serie A Luigi De Siervo ha commentato “Ci opponiamo strenuamente all’abolizione del geoblocking perché metterebbe a serio rischio la sostenibilità economica del settore calcio e film in tutta Europa, con un indebito vantaggio alle grandi piattaforme Netflix, Amazon o Disney. Si rischia di mandare in frantumi l’intero sistema”.
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