L’obsolescenza programmata è una strategia industriale che limita il ciclo di vita di un dispositivo elettronico. Come si fa a combatterla? Scopriamolo insieme
L’obsolescenza programmata è un fenomeno che tutti i consumatori dovrebbero conoscere, poiché è il processo per cui un dispositivo elettronico (che esso sia smartphone, computer, tablet, elettrodomestico) dopo un paio di anni dall’acquisto o dal lancio sul mercato diventa inutilizzabile o molto semplicemente si rompe.
Il termine obsolescenza programmata viene utilizzato soprattutto negli ultimi anni, da quando gli strumenti elettronici sono diventati parte integrante del nostro quotidiano.
Capita dunque, sempre più spesso, che la lavastoviglie o la lavatrice cominci a mostrare i primi segni di cedimento dopo i primi tre o quattro anni di utilizzo e, nel frattempo, nuovi modelli con nuove tecnologie hanno reso l’elettrodomestico troppo vecchio per poter essere riparato.
La soluzione rimane acquistare un nuovo dispositivo che vada a sostituire quello diventato ormai obsoleto, anche se in realtà ha solamente tre o quattro anni di vita.
Lo stesso accade con smartphone, computer e tablet: quando compriamo un cellulare, dopo un paio di anni le prestazioni cominciano a peggiorare, gli aggiornamenti di sicurezza non vengono più rilasciati e soprattutto diventa tecnologicamente vecchio.
L’obsolescenza pianificata non è altro che una strategia industriale creata affinché la domanda di dispositivi elettronici non venga mai meno.
Se uno smartphone o un elettrodomestico funzionassero perfettamente per quindici anni, molte aziende chiuderebbero entro pochi mesi a causa della mancanza di lavoro.
E l’obsolescenza pianificata non è presente solamente all’interno del mondo dell’elettronica, ma anche nella moda e in tantissimi altri settori.
La colpa è in gran parte del progresso tecnologico: ogni mese vengono presentate nuove scoperte scientifiche che, nel giro di un paio di anni, vanno a impattare sulla produzione di smartphone, computer, ma anche vestiti e molto altro.
Sebbene il termine obsolescenza programmata sia stato oramai sdoganato nel mondo dell’industria, molte aziende preferiscono parlare di ciclo di vita di un prodotto.
Il termine fu usato per la prima volta nel 1924 quando i produttori di lampadine crearono il cartello Phobos per decidere che le lampadine a incandescenza non durassero più di 1.000 ore.
Una decisione simile fu presa anche alcuni anni dopo per indebolire la resistenza del nylon, il tessuto con il quale venivano realizzate le calze utilizzate dalle donne. Il tessuto creato in laboratorio era talmente resistente che l’industria delle calze stava rischiando il fallimento.
Durante gli anni della grande depressione, gli Stati Uniti decisero che gli oggetti non dovessero avere un ciclo di vita molto lungo, in modo da stimolare i consumi interni.
Dagli anni 2000 il termine è sempre di più accostato al mondo dell’informatica e dell’elettronica, causando in alcuni casi delle class action dei consumatori nei confronti delle aziende che producono device, colpevoli di realizzare appositamente dei dispositivi con un ciclo di vita molto breve.
Difendersi dall’obsolescenza programmata non è semplice. I produttori di dispositivi tecnologici hanno vari sistemi (più o meno diretti) per rendere obsoleto un particolare prodotto, spingendo il consumatore a cambiarlo con un modello nuovo.
La migliore arma contro l’obsolescenza programmata è rappresentata dall’acquisto consapevole. Quando si sceglie un nuovo prodotto elettronico da comprare, infatti, è fondamentale valutare tutti gli aspetti in gioco, tenendo conto dei problemi che potrebbero emergere nel corso del tempo.
Per evitare rallentamenti e problematiche potenzialmente connesse all’obsolescenza programmata può essere utile investire in un prodotto leggermente sovra-dimensionato rispetto alle proprie esigenze attuali. In questo modo, il dispositivo resterà valido per più tempo, garantendo più anni di utilizzo.
Un esempio chiarificatore, in questo caso, arriva dagli smartphone, una categoria di dispositivi facilmente soggetti all’obsolescenza programmata.
Quando si acquista un nuovo smartphone conviene, ad esempio, puntare su un modello con più RAM e storage oltre che con una batteria con capacità maggiore rispetto alle proprie esigenze attuali. In questo modo, il dispositivo potrà offrire prestazioni adeguate per più tempo.
Un’altra risorsa da utilizzare contro i casi di obsolescenza programmata è il riuso creativo: un computer non più adatto a soddisfare le nostre esigenze, infatti, potrebbe essere adatto a un altro utente, come un parente con esigenze più basilari.
Sicuramente anche la riparazione è un fattore determinante: quando un dispositivo si rompe è sempre possibile valutare la possibilità di aggiustarlo, anche affidandosi a un centro qualificato.
Si tratta di un buon sistema per prolungare la vita utile dei dispositivi elettronici e contrastare l’obsolescenza programmata.
Nel caso di obsolescenza programmata dei software, con aggiornamenti che limitano più o meno indirettamente le prestazioni di un dispositivo, può essere utile formattare lo smartphone (o l’apparecchio elettronico), in modo da ripristinare le condizioni di fabbrica.
Da non sottovalutare – per chi ha le giuste competenze informatiche – la possibilità di passare a un software open source come Linux, per ottimizzare le prestazioni ed evitare rallentamenti.
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